Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso con il patrocinio ex lege,  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,    (C.F.    80224030587,     fax     06-96514000     e     pec
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui uffici in Roma,  alla
via dei Portoghesi, n. 12 domicilia 
    Nei confronti della Regione Puglia, in persona del Presidente pro
tempore, nella sua sede legale in lungomare Nazario Sauro, 33 - 70121
Bari  (pec  protocollogeneralepresidenza@pec.rupar.puglia.it per   la
dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale  della  legge  della
Regione Puglia n. 35 del 30 dicembre 2020 recante: «Disposizioni  per
la formazione del bilancio di previsione 2021 e bilancio  pluriennale
2021-2023 della Regione Puglia - legge di stabilita' regionale 2021»,
relativamente alle disposizioni contenute nell'art. 15 e 27. 
    La legge della Regione  Puglia  del  30  dicembre  2020,  n.  35,
recante «Disposizioni per la formazione del  bilancio  di  previsione
2021-2023  della  Regione  Puglia  -  legge  di   stabilita'   2021»,
pubblicata  nel  BUR  31  dicembre  2020,  n.  174   e'   censurabile
relativamente alle disposizioni contenute negli  articoli  15  e  27,
come si intende dimostrare con la illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
    L'art.  15  della  legge  regionale  suindicata,  intervenendo  a
modificare gli articoli 5 e 7 della legge regionale 30  luglio  2009,
n.  14,  recante  «Misure  straordinarie   e   urgenti   a   sostegno
dell'attivita' edilizia e per il  miglioramento  della  qualita'  del
patrimonio edilizio residenziale», dispone un'ulteriore proroga delle
norme straordinarie e temporanee di cui all'art. 1 della stessa legge
regionale n. 14 del 2009, protraendo ulteriormente l'efficacia di una
disciplina eccezionale a carattere derogatorio, quale quella del c.d.
piano casa, destinata in origine ad avere  un'applicazione  temporale
estremamente limitata. 
    Nello specifico, l'art. 15 della legge  in  oggetto  consente  di
realizzare gli interventi straordinari di ampliamento, demolizione  e
ricostruzione, di cui agli articoli 3 e 4 della legge regionale n. 14
del 2009, su immobili esistenti  alla  data  del  1°  agosto  2020  -
estendendo ulteriormente il precedente termine del 1° agosto 2019 - e
proroga di un ulteriore anno la possibilita' di avvalersi del  regime
derogatorio della predetta legge regionale, differendo al 31 dicembre
2021 il termine per la presentazione della SCIA o dell'istanza per il
rilascio del permesso di costruire. 
    Occorre evidenziare che, ai sensi dell'art. 6, comma  1,  lettera
f), della legge regionale  n.  14  del  2009,  la  realizzazione  dei
predetti interventi straordinari non e' ammessa «su immobili  ubicati
in area sottoposta a vincolo paesaggistico ai  sensi  degli  articoli
136 e 142 del decreto legislativo n. 42/2004, cosi'  come  da  ultimi
modificati dall'art. 2 del decreto legislativo 26 marzo 2008, n.  63»
ne', ai sensi della successiva lettera j),  «nelle  zone  umide  zone
umide tutelate a livello internazionale  dalla  Convenzione  relativa
alle zone umide d'importanza internazionale, soprattutto come habitat
degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971  e  resa
esecutiva dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo  1976,
n. 448». Tuttavia, al  successivo  comma  2,  lettera  c-bis),  dello
stesso art. 6, come modificato dalla legge regionale n. 37 del  2016,
si  ammette  che,  mediante  motivata  deliberazione  del   Consiglio
comunale, possa essere consentita la realizzazione  degli  interventi
straordinari di' ampliamento, demolizione e  ricostruzione  anche  in
aree  sottoposte  a  vincolo  ai  sensi   del   Piano   paesaggistico
territoriale (PPTR), approvato con delibera della Giunta regionale n.
176 del 2015, previa intesa con lo Stato, ai sensi degli articoli 135
e 143 del codice dei beni  culturali  e  del  paesaggio,  di  cui  al
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 
    Benche'  la  predetta  disposizione  eccezionale   ammetta   tali
interventi  secondo  gli  indirizzi  e   le   direttive   del   PPTR,
quest'ultimo,  oltre  agli  indirizzi  e   alle   direttive,   detta,
nell'ambito delle norme tecniche di attuazione (NTA), anche  le  c.d.
prescrizioni d'uso (ossia i criteri di gestione del vincolo, volti  a
orientare la fase autorizzatoria), che non consentono gli  interventi
straordinari prorogati da ultimo dalla legge in esame. 
    Conseguentemente, la legge  regionale,  pur  avendo  inizialmente
escluso la propria applicazione in relazione ai  beni  paesaggistici,
ai sensi dell'art. 6, comma 1, lettera f), con  l'introduzione  della
successiva lettera c-bis), viceversa, la consente, e  cio'  anche  in
deroga alle prescrizioni del  Piano  paesaggistico.  Peraltro,  sulla
base del disposto della predetta lettera c-bis), la  possibilita'  di
realizzare gli interventi de quibus in deroga alle prescrizioni d'uso
e' estesa non solo  agli  immobili  e  aree  dichiarati  di  notevole
interesse pubblico ai sensi dell'art. 136 e alle aree di cui al comma
1 dell'art. 142, oggetto di ricognizione da parte del Piano ai  sensi
dell'art. 143, comma 1, lettere b) e c) del  Codice,  ma  anche  agli
eventuali nuovi beni paesaggistici individuati  dal  piano  ai  sensi
della successiva lettera d) del richiamato art. 143, comma 1. 
    Al riguardo, occorre evidenziare che gli articoli  3  e  4  della
legge regionale n. 14 del 2009, oggetto  della  proroga  de  qua,  si
riferiscono  a  interventi  chiaramente  in  contrasto  con  svariate
prescrizioni d'uso  contenute  nelle  NTA  del  piano  paesaggistico,
quali, a titolo esemplificativo: 
        a) l'art. 45 («Prescrizioni per  i  territori  costieri  e  i
territori contermini ai laghi»), che non consente la realizzazione di
qualsiasi opera edilizia, fatta eccezione per le opere finalizzate al
recupero/ripristino dei valori paesistico/ambientali; 
        b) l'art. 62 («Prescrizioni  per  boschi»)  che  consente  la
ristrutturazione di edifici esistenti, ad esclusione  di  quelli  che
prevedono la demolizione e ricostruzione; 
        c) l'art. 64 («Zone umide Ramsar»)  che  non  consente  nuove
edificazioni, ammettendo la demolizione e la ricostruzione di edifici
esistenti a precise condizioni e senza aumento  di  volumetria  e  di
superficie coperta. 
    Pertanto, mediante la proroga dell'operativita' della  disciplina
piano casa, ivi inclusa la richiamata eccezione di  cui  all'art.  6,
comma 2, lettera c-bis), la Regione Puglia permette la  realizzazione
di interventi di rilevante impatto sul territorio in deroga al  piano
paesaggistico approvato previa intesa con lo Stato. 
    E cio' non solo con riferimento  al  paesaggio  non  direttamente
vincolato - comunque co-pianificato con lo Stato, in quanto anch'esso
oggetto di tutela ai sensi della Convenzione europea  del  paesaggio,
sottoscritta a Firenze del 20 ottobre 2000 e  ratificata  dall'Italia
con la legge 9 gennaio 2006, n. 14 - ma anche in  relazione  ai  beni
paesaggistici vincolati, sulla base di  una  mera  deliberazione  del
Consiglio comunale interessato. 
    Vengono,  quindi,  radicalmente  disconosciute  la  natura  e  la
funzione del piano paesaggistico, il quale costituisce  lo  strumento
cardine della pianificazione del territorio, cui  devono  conformarsi
gli strumenti di pianificazione urbanistica comunale (art. 145, commi
4 e 5, del codice di settore), e  che  e'  immediatamente  cogente  e
prevalente sulle previsioni  dei  piani  territoriali  e  urbanistici
(art. 143, comma 9, del codice) e assolutamente inderogabile da parte
di qualsivoglia altro atto pianificatorio (cfr. articoli  145,  comma
3, del codice). 
    La proroga disposta dalla normativa regionale in  oggetto  segue,
peraltro,  numerose  proroghe  da  parte  di  disposizioni  regionali
succedutesi nel tempo (legge regionale n. 1/2012, legge regionale  n.
18/2012, legge regionale n.  49/2014,  legge  regionale  n.  33/2015,
legge  regionale  n.  37/2016,  legge  regionale  n.  51/2017,  legge
regionale n. 59/2018 e legge regionale n. 55/2019), sebbene  l'intesa
del 1° aprile 2009 in sede di Conferenza unificata, di  cui  all'art.
11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,  che  ha  introdotto  il
piano casa, quale piano  nazionale  di  edilizia  abitativa  volto  a
garantire  su  tutto  il  territorio  nazionale  i   livelli   minimi
essenziali di  fabbisogno  abitativo  per  il  pieno  sviluppo  della
persona umana, subordinandolo alla predetta intesa,  avesse  previsto
un limite temporale di diciotto  mesi  per  la  disciplina  regionale
attuativa, salvo diversa disposizione regionale. 
    In sostanza, con l'ulteriore - ennesima - proroga contenuta nella
legge regionale n. 35 del 2020, la Regione perpetua ulteriormente una
disciplina derogatoria introdotta per la prima volta nel 2009  e  che
consente la realizzazione di interventi straordinari di  ampliamento,
demolizione e ricostruzione anche  nelle  aree  sottoposte  a  tutela
paesaggistica ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio. 
    L'estensione del termine temporale si accompagna, peraltro, anche
all'estensione dell'oggetto materiale della normativa  straordinaria,
in quanto gli interventi previsti dagli articoli 3 e 4 possono essere
realizzati su immobili esistenti alla data del 1° agosto 2020. 
    La finalita' normativa era originariamente quella  di  consentire
interventi «straordinari», per  un  periodo  temporalmente  limitato,
mentre le continue proroghe, apportate con  leggi  regionali  che  si
susseguono   nel   tempo,   hanno    determinato    la    sostanziale
stabilizzazione di tali deroghe nel lungo periodo, con  il  risultato
di accrescere enormemente, per sommatoria, il numero degli interventi
assentibili  in   contrasto   con   la   disciplina   urbanistica   e
paesaggistica, quest'ultima peraltro condivisa  tra  lo  Stato  e  la
Regione con l'approvazione del PPTR, in  tal  modo  determinando  una
riduzione dei livelli di tutela paesaggistica ivi previsti. 
    In proposito, giova rammentare che, secondo un consolidato avviso
della  Corte  costituzionale,  da   ultimo   confermato   con   Corte
costituzionale n. 25 del 2021, la  proroga  di  una  disposizione  di
legge e' autonomamente impugnabile «in quanto,  secondo  il  costante
orientamento di questa Corte, "ogni provvedimento legislativo  esiste
a  se'  e  puo'  formare  oggetto   di   autonomo   esame   ai   fini
dell'accertamento     della     sua     legittimita':      l'istituto
dell'acquiescenza non si applica invero ai giudizi in via principale,
atteso che la norma impugnata ha comunque l'effetto di  reiterare  la
lesione da  cui  deriva  l'interesse  a  ricorrere  dello  Stato  (ex
plurimis, sentenze n. 237, n. 98 e n. 60 del 2017, n. 39 del 2016, n.
215 e n. 124 del 2015)" (sentenza n. 286 del 2019).». 
    L'art. 15 della legge regionale n. 35  del  2020  e'  affetto  da
illegittimita' costituzionale. 
    Invero, gli interventi consentiti dalla previsione normativa sono
collocati al di  fuori  del  necessario  quadro  di  riferimento  che
dovrebbe essere costituito - laddove  incidano  su  beni  soggetti  a
tutela paesaggistica - dalle previsioni del piano  paesaggistico,  ai
sensi degli articoli 135, 143, 145  e  156  del  codice  di  settore.
Soltanto a quest'ultimo strumento, elaborato  d'intesa  tra  Stato  e
Regione, spetta infatti stabilire, per  ciascuna  area  tutelata,  le
prescrizioni  d'uso,   nonche'   individuare   la   tipologia   delle
trasformazioni compatibili, di quelle vietate e le  condizioni  delle
eventuali trasformazioni. 
    La  legge  regionale  in  esame  introduce  invece  una  modifica
unilaterale della disciplina di tutela prevista dal PPTR e dalle  sue
NTA, la cui revisione puo' avvenire esclusivamente nel  rispetto  dei
presupposti e delle modalita' previsti dall'art.  3  dell'Accordo  di
copianificazione, sottoscritto congiuntamente con questo Ministero il
16 gennaio 2015, ai sensi dell'art.  143,  comma  2,  del  codice  di
settore. 
    Cosi' operando, la norma regionale si pone in contrasto  con  gli
articoli 135, 143 e 145 del  codice  di  settore,  che  costituiscono
norme interposte rispetto all'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),
della Costituzione. 
    La  Corte  costituzionale  ha,  infatti,   da   tempo   affermato
l'esistenza di un vero e proprio obbligo,  costituente  un  principio
inderogabile della legislazione statale,  di  elaborazione  congiunta
del piano paesaggistico, con riferimento  ai  beni  vincolati  (Corte
cost. n. 86 del 2019) e ha rimarcato che  l'impronta  unitaria  della
pianificazione paesaggistica «e' assunta  a  valore  imprescindibile,
non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di  un
intervento teso a stabilire una  metodologia  uniforme  nel  rispetto
della legislazione di  tutela  dei  beni  culturali  e  paesaggistici
sull'intero territorio nazionale» (Corte cost., n. 182 del 2006; cfr.
anche la sentenza n. 272 del 2009). 
    La  Regione,  con  l'ennesima  proroga  di  norme  derogatorie  e
straordinarie, destinate ad applicarsi anche con riferimento ai  beni
paesaggistici in difformita' alle prescrizioni d'uso stabilite  dalle
NTA del PPTR  del  2015  (approvato  previa  intesa  con  lo  Stato),
determina surrettiziamente l'effetto di operare una pianificazione ex
lege che non tiene conto dei valori paesaggistici,  ponendosi  al  di
fuori della necessaria condivisione con lo Stato. 
    Al riguardo, la Corte ha riconosciuto la prevalenza dell'impronta
unitaria della pianificazione paesaggistica,  rimarcando  che:  «Come
questa Corte ha avuto modo di  affermare  anche  di  recente  con  la
sentenza n. 367 del 2007,  sul  territorio  vengono  a  gravare  piu'
interessi pubblici: da un lato, quelli concernenti  la  conservazione
ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva  allo
Stato, in base  all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.;
dall'altro,  quelli  riguardanti  il  Governo  del  territorio  e  la
valorizzazione  dei  beni  culturali  ed  ambientali  (fruizione  del
territorio), che sono affidati,  in  virtu'  del  terzo  comma  dello
stesso art. 117, alla competenza  concorrente  dello  Stato  e  delle
Regioni. In definitiva, si "tratta di due tipi di'  tutela,  che  ben
possono essere coordinati fra loro, ma  che  debbono  necessariamente
restare distinti" (cosi' la citata sentenza  n.  367  del  2007).  Ne
consegue, sul piano del riparto di competenze tra Stato e Regione  in
materia di paesaggio, la "separatezza tra pianificazione territoriale
ed urbanistica, da  un  lato,  e  tutela  paesaggistica  dall'altro",
prevalendo,  comunque,  "l'impronta  unitaria  della   pianificazione
paesaggistica" (sentenza n. 182 del 2006). E' in siffatta piu'  ampia
prospettiva che, dunque, si colloca il  principio  della  "gerarchia"
degli strumenti di pianificazione dei diversi  livelli  territoriali,
espresso dall'art. 145  del  decreto  legislativo  n.  42  del  2004»
(sentenza n. 180 del 2008). 
    Coerentemente con questa impostazione, la Corte ha  espressamente
affermato  anche  l'illegittimita'  costituzionale  delle  previsioni
regionali che consentano la deroga al piano territoriale con  valenza
anche di piano paesaggistico. In particolare, si e' evidenziato  che:
«Il codice dei beni culturali e del paesaggio  definisce  (...),  con
efficacia  vincolante  anche  per  le  regioni,  i  rapporti  tra  le
prescrizioni del piano paesaggistico e le prescrizioni  di  carattere
urbanistico ed edilizio - sia contenute in un atto di pianificazione,
sia espresse in atti autorizzativi  puntuali,  come  il  permesso  di
costruire -  secondo  un  modello  di  prevalenza  delle  prime,  non
alterabile ad  opera  della  legislazione  regionale»,  ulteriormente
evidenziando  che  «l'eventuale  scelta  della   regione   (...)   di
perseguire  gli  obiettivi  di  tutela  paesaggistica  attraverso  lo
strumento   dei   piani   urbanistico-territoriali   con    specifica
considerazione dei valori paesaggistici non modifica  i  termini  del
rapporto fra tutela  paesaggistica  e  disciplina  urbanistica,  come
descritti, e, piu' precisamente,  non  giustifica  alcuna  deroga  al
principio secondo il quale, nella disciplina delle trasformazioni del
territorio, la tutela del  paesaggio  assurge  a  valore  prevalente»
(Corte cost. n. 11 del 2016). D'altro canto, la  Corte  ha  affermato
anche  che  la  compressione   di   diritti   costituzionali,   quali
l'interesse  alla  tutela   del   paesaggio   e   il   principio   di
copianificazione, puo' essere giustificata per ragioni eccezionali  e
per un limitato arco temporale, qualificandosi conseguentemente  come
illegittima la proroga reiterata di  tale  compressione  (cfr.  Corte
costituzionale, sentenza n. 186 del 2013). 
    La disposizione regionale censurata e', pertanto, illegittima per
violazione della potesta' legislativa esclusiva in materia di  tutela
del paesaggio, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.,
rispetto alla quale costituiscono norme interposte gli articoli  135,
143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. 
    E',  inoltre,  ravvisabile  la  violazione  dell'art.   9   della
Costituzione, rispetto ai medesimi parametri  interposti  richiamati,
in quanto  la  disciplina  introdotta  mediante  la  legge  regionale
censurata  e'  potenzialmente  pregiudizievole  per  la  tutela   del
paesaggio, che ha valenza  di  interesse  costituzionale  primario  e
assoluto (v. Corte costituzionale n. 367 del 2007). 
    Come anzidetto, anche a  voler  ritenere  giustificata  la  prima
compressione subita da tale interesse, non si giustifica, invece,  la
proroga sine  die  della  disciplina  regionale  che  ha  determinato
l'abbassamento del livello della tutela del paesaggio. 
    Deve,  ancora,  osservarsi  che  la  disciplina  derogatoria   e'
operante non solo con riferimento a tutti i  beni  paesaggistici,  ma
anche al paesaggio non vincolato. 
    Al riguardo, deve tenersi presente che anche tale paesaggio,  pur
non assoggettato al regime  dei  vincoli  paesaggistici,  costituisce
comunque oggetto di tutela ai sensi  della  Convenzione  europea  del
paesaggio, sottoscritta a Firenze del 20 ottobre  2000  e  ratificata
dall'Italia con la legge 9 gennaio 2006, n. 14. 
    La Convezione prevede infatti, all'art. 1,  lettera  a),  che  il
termine «paesaggio» «designa una  determinata  parte  di  territorio,
cosi come e' percepita dalle popolazioni,  il  cui  carattere  deriva
dall'azione  di   fattori   naturali   e/o   umani   e   dalle   loro
interrelazioni».   Oggetto   della   protezione   assicurata    dalla
Convenzione sono, quindi,  tutti  i  paesaggi,  e  non  solo  i  beni
soggetti a vincolo paesaggistico. 
    Con riferimento  ai  paesaggi,  cosi'  definiti,  la  Convenzione
prevede, all'articolo 5, che «Ogni Parte si impegna a: 
        a)  riconoscere  giuridicamente  il   paesaggio   in   quanto
componente  essenziale  del  contesto  di  vita  delle   popolazioni,
espressione della diversita' del loro comune patrimonio  culturale  e
naturale e fondamento della loro identita'; 
        b) stabilire e attuare politiche  paesaggistiche  volte  alla
salvaguardia, alla  gestione  e  alla  pianificazione  dei  paesaggi,
tramite l'adozione delle misure specifiche di cui al seguente art. 6; 
        c) avviare procedure di partecipazione  del  pubblico,  delle
autorita' locali e regionali e degli altri soggetti  coinvolti  nella
definizione e  nella  realizzazione  delle  politiche  paesaggistiche
menzionate al precedente capoverso b); 
        d) integrare il paesaggio nelle politiche  di  pianificazione
del territorio, urbanistiche  e  in  quelle  a  carattere  culturale,
ambientale, agricolo,  sociale  ed  economico,  nonche'  nelle  altre
politiche che possono avere  un'incidenza  diretta  o  indiretta  sul
paesaggio.». 
    In forza del successivo art. 6, inoltre, l'Italia si e' impegnata
all'adozione  di  misure  specifiche,  tra  l'altro,   in   tema   di
«Identificazione e valutazione», da attuare «Mobilitando  i  soggetti
interessati conformemente all'art. 5.c, e ai  fini  di  una  migliore
conoscenza dei propri paesaggi, ogni Parte si impegna a: 
        a) i identificare i propri paesaggi, sull'insieme del proprio
territorio; 
        ii analizzarne le caratteristiche, nonche' le dinamiche e  le
pressioni che li modificano; 
        iii seguirne le trasformazioni; 
        b) valutare i paesaggi identificati, tenendo conto dei valori
specifici che sono loro attributi dai soggetti  e  dalle  popolazioni
interessate; (...)». 
    Le misure richieste  dalla  Convenzione  prevedono,  inoltre,  la
fissazione  di  appositi  obiettivi  di  qualita'   paesaggistica   e
l'attivazione degli «strumenti di intervento volti alla salvaguardia,
alla gestione e/o alla pianificazione dei paesaggi». 
    L'adempimento degli impegni assunti  mediante  la  sottoscrizione
della Convenzione impone che  tutto  il  territorio  sia  oggetto  di
pianificazione e di  specifica  considerazione  dei  relativi  valori
paesaggistici, anche per le parti che non  siano  oggetto  di  tutela
quali beni paesaggistici. Nel sistema ordinamentale, cio' si  traduce
nei precetti contenuti all'art. 135 del codice  di  settore,  il  cui
testo e' stato integralmente riscritto dal decreto legislativo n.  63
del 2008, a seguito del recepimento  della  Convenzione  europea  del
paesaggio. 
    In particolare, il comma 1 del predetto art. 135  stabilisce  che
«Lo Stato e  le  regioni  assicurano  che  tutto  il  territorio  sia
adeguatamente conosciuto, salvaguardato,  pianificato  e  gestito  in
ragione dei differenti valori espressi dai diversi  contesti  che  lo
costituiscono. A  tale  fine  le  regioni  sottopongono  a  specifica
normativa d'uso il territorio mediante  piani  paesaggistici,  ovvero
piani  urbanistico-territoriali  con  specifica  considerazione   dei
valori  paesaggistici,  entrambi  di   seguito   denominati:   "piani
paesaggistici".  L'elaborazione  dei  piani   paesaggistici   avviene
congiuntamente  tra  Ministero  e  regioni,  limitatamente  ai   beni
paesaggistici di cui all'art. 143, comma 1,  lettere  b),  c)  e  d),
nelle forme previste dal medesimo art. 143.». 
    Il medesimo art. 135 disciplina, poi, la funzione e  i  contenuti
del piano paesaggistico. 
    Ne deriva che, anche con riferimento al paesaggio non  vincolato,
le regioni sono tenute  alla  pianificazione  paesaggistica.  E,  del
resto, in questo senso  si  e'  correttamente  orientata  la  Regione
Puglia, la  quale  ha  approvato  nel  2015  il  piano  paesaggistico
territoriale regionale, previa intesa con lo Stato;  intesa  riferita
sia ai beni paesaggistici che al paesaggio non vincolato. 
    In questa prospettiva, appare confliggente  con  le  disposizioni
dell'art. 135 del  codice  di  settore,  che  danno  attuazione  alla
Convenzione  europea  sul  paesaggio,  prevedere  che  interventi  di
impatto assai rilevante sul territorio,  quali  quelli  di  cui  agli
articoli 3 e 4 della legge regionale n. 14 del 2009, avvengano  sulla
base di una mera previsione di legge e siano realizzabili  in  deroga
alla pianificazione urbanistica, senza tenere conto della circostanza
che i piani urbanistici devono a  loro  volta  essere  conformati  al
piano paesaggistico, recependone le prescrizioni, gli indirizzi e  le
direttive.  Soltanto  in  quest'ultimo  strumento   dovrebbe   essere
individuata la sede appropriata  per  definire  eventuali  misure  di
premialita' edilizia, non indiscriminate,  bensi'  indirizzate  verso
finalita' ritenute meritevoli e calibrate  in  funzione  dei  singoli
contesti territoriali. 
    Per le ragioni illustrate, emerge la violazione degli articoli  9
e  117,  primo  comma,  della   Costituzione,   rispetto   ai   quali
costituiscono  norme  interposte  la  legge  n.  14  del   2006,   di
recepimento della Convenzione  europea  sul  paesaggio,  nonche'  gli
articoli 135,  143  e  145  del  codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio. 
    Deve,  inoltre,  rilevarsi  che  la  legge  regionale  in   esame
costituisce il frutto di una  scelta  assunta  unilateralmente  dalla
Regione, al di fuori del lungo percorso condiviso con lo Stato che ha
condotto all'approvazione del piano paesaggistico regionale. 
    Va ricordato al riguardo che, secondo l'insegnamento della  Corte
costituzionale, il principio di leale collaborazione «deve presiedere
a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e Regioni», atteso  che
«la sua elasticita' e la sua adattabilita' lo rendono particolarmente
idoneo  a  regolare  in  modo  dinamico  i  rapporti  in   questione,
attenuando i dualismi ed evitando eccessivi irrigidimenti» (cosi'  in
particolare, tra le tante, Corte costituzionale n. 31 del  2006).  In
particolare, la  Corte  ha  chiarito  che  «Il  principio  di'  leale
collaborazione, anche in una accezione minimale,  impone  alle  parti
che sottoscrivono un accordo ufficiale in una sede  istituzionale  di
tener fede ad un impegno assunto» (cosi' ancora la sentenza da ultimo
richiamata). 
    La scelta della Regione  di  assumere  iniziative  unilaterali  e
reiterate,  al  di  fuori  del  percorso   di   collaborazione   gia'
proficuamente concluso con lo Stato mediante l'approvazione del Piano
paesaggistico del 2015, si pone, pertanto, in contrasto anche con  il
predetto principio di leale  collaborazione  (cfr.,  con  riferimento
alla leale collaborazione ai fini della pianificazione paesaggistica,
Corte cost. n. 240 del 2020). 
    La sostanziale «stabilizzazione» della normativa regionale de qua
consente di mettere in luce un ulteriore  profilo  di  illegittimita'
della novella apportata dal censurato art. 15, in relazione  all'art.
117, terzo comma, Cost., per violazione dei principi fondamentali  in
materia di Governo del territorio. 
    Si e' gia' evidenziato  come  il  carattere  straordinario  della
normativa relativa al piano casa  sia  stato  rimarcato  dalla  Corte
costituzionale (Corte cost. n. 70 del 2020 e n. 217 del 2020) e  come
tale finalita' risulti del tutto snaturata  mediante  la  sostanziale
stabilizzazione delle deroghe consentite dalla legge regionale n.  49
del 2009 alla pianificazione urbanistica. 
    Il risultato e' quello di assicurare a regime la possibilita'  di
realizzare   interventi   di   rilevante   impatto   sul   territorio
direttamente ex lege, in  deroga  agli  strumenti  di  pianificazione
urbanistica,  e  quindi  del  tutto  al  di  fuori  di   qualsivoglia
valutazione del singolo contesto territoriale. 
    Secondo l'intesa sul piano casa siglata nel  2009,  infatti,  «La
disciplina introdotta dalle suddette leggi regionali avra'  validita'
temporalmente definita, comunque non superiore a diciotto mesi  dalla
loro entrata in vigore, salvo diverse  determinazioni  delle  singole
Regioni». Se pur e' fatta salva una diversa  volonta'  regionale,  la
espressa previsione di un termine, peraltro di  soli  diciotto  mesi,
non consente di ipotizzare, legittimamente, una «messa a regime»,  da
parte delle Regioni, di una normativa eccezionale e derogatoria  alla
pianificazione urbanistica. 
    Viene scardinato cosi' il principio fondamentale  in  materia  di
Governo del territorio -  sotteso  all'intero  impianto  della  legge
urbanistica  n.  1150  del  1942,  in  particolare  a  seguito  delle
modifiche apportatevi dalla legge n. 765 del 1967 - secondo il  quale
gli  interventi  di  trasformazione  edilizia  e   urbanistica   sono
consentiti soltanto nel quadro della pianificazione urbanistica,  che
esercita  una  funzione  di  disciplina  degli  usi  del   territorio
necessaria e insostituibile, in quanto  idonea  a  fare  sintesi  dei
molteplici  interessi,   anche   di   rilievo   costituzionale,   che
afferiscono a ciascun ambito territoriale. 
    In particolare, costituiscono principi fondamentali in materia di
Governo del territorio, che si impongono  alla  potesta'  legislativa
concorrente spettante in materia alle Regioni  a  statuto  ordinario,
quelli posti dall'articolo art. 41-quinquies della legge  urbanistica
17 agosto 1942, n. 1150, aggiunto dall'art. 17 della legge  6  agosto
1967, n. 765. 
    Con le disposizioni ora richiamate,  il  legislatore  statale  ha
infatti stabilito: 
        (i) che tutto il territorio comunale debba essere pianificato
e che, dunque,  ogni  intervento  di  trasformazione  urbanistica  ed
edilizia del territorio debba inserirsi nel  quadro  dello  strumento
urbanistico comunale; 
        (ii) che «In tutti i comuni,  ai  fini  della  formazione  di
nuovi strumenti urbanistici o della revisione  di  quelli  esistenti,
debbono essere osservati limiti inderogabili di densita' edilizia, di
altezza, di distanza tra i fabbricati, nonche' rapporti  massimi  tra
spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi  e  spazi
pubblici o riservati alle attivita' collettive, a verde pubblico o  a
parcheggi.» (ottavo comma) e che «I limiti e i rapporti previsti  dal
precedente comma sono definiti per zone  territoriali  omogenee,  con
decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con quello per
l'interno, sentito il Consiglio superiore  dei  lavori  pubblici.  In
sede di prima applicazione della presente legge, tale  decreto  viene
emanato entro sei mesi dall'entrata in vigore della medesima.»  (nono
comma);  disposizione,  quest'ultima,   che   ha   trovato   puntuale
attuazione con l'emanazione del decreto ministeriale 2  aprile  1968,
n. 1444,  recante  «Limiti  inderogabili  di  densita'  edilizia,  di
altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti  massimi  tra  spazi
destinati  agli  insediamenti  residenziali  e  produttivi  e   spazi
pubblici o riservati alle attivita' collettive, al verde pubblico o a
parcheggi da osservare ai fini della formazione dei  nuovi  strumenti
urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art.
17 della  legge  6  agosto  1967,  n.  765».  In  questo  quadro,  il
legislatore nazionale ha previsto che la  possibilita'  di  assentire
interventi in deroga  alla  pianificazione  urbanistica  sia  ammessa
soltanto in forza di una decisione assunta, caso per caso, a  livello
locale, sulla base di una ponderazione di interessi che  tenga  conto
del contesto territoriale e nei soli casi di interesse pubblico (cfr.
art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 6 luglio 2001, n.
380). 
    Posta la predetta cornice di principio, non  e'  consentito  alle
Regioni - al di fuori della normativa straordinaria e temporanea  del
piano casa, avente copertura a livello statale -  introdurre  deroghe
generalizzate ex lege alla pianificazione urbanistica e agli standard
urbanistici di cui al decreto ministeriale n. 1444  del  1968,  tanto
piu' laddove tali deroghe generalizzate  assumano  carattere  stabile
nel tempo. Una tale opzione normativa viene, infatti, a snaturare del
tutto la funzione propria della pianificazione  urbanistica  e  degli
standard fissati a livello statale, volti  ad  assicurare  l'ordinato
assetto del territorio. Per completezza, deve osservarsi che la legge
regionale della  Puglia  n.  14  del  2009  si  fonda  esclusivamente
sull'intesa in  Conferenza  unificata  del  1°  aprile  2009,  e  non
costituisce invece attuazione del c.d. «secondo piano casa», previsto
dall'art. 5, comma 9, del decreto-legge 13 maggio 2011, n.  70  (c.d.
decreto «Sviluppo»), che e' peraltro rigidamente ancorato a finalita'
di rigenerazione urbana non riscontrabili nella legge in esame (basti
pensare che gli interventi sono  eseguibili  su  immobili  realizzati
entro il l°  agosto  2020,  ossia  anche  edificazioni  recentissime,
rispetto alle  quali  non  sono  neppure  configurabili  esigenze  di
riqualificazione o rigenerazione). In ogni caso, anche la  disciplina
del  c.d.  secondo   piano   casa   deve   considerarsi   di   natura
necessariamente  temporanea,  come   testimoniato   dall'introduzione
mediante decreto-legge, non essendo  ipotizzabile  l'introduzione  di
regimi derogatori rispetto alla pianificazione urbanistica operanti a
regime. 
    Consegue da quanto sin qui esposto  che  l'art.  15  della  legge
regionale della Puglia n. 35  del  2020,  nel  prorogare  l'efficacia
della normativa straordinaria del c.d. primo piano casa, estendendone
persino la portata agli immobili esistenti al 1° agosto  2020,  viola
anche con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, per  contrasto
con i  principi  fondamentali  statali  in  materia  di  Governo  del
territorio stabiliti dall'art. 41-quinquies della legge n.  1150  del
1942, come attuato mediante il decreto ministeriale n. 1444 del 1968,
atteso che la deroga a  tali  principi  non  puo'  piu'  considerarsi
consentita - a distanza di quasi dodici anni - dall'intesa sancita in
Conferenza unificata il 1° aprile 2009. 
    Le disposizioni regionali contrastano anche  con  i  principi  di
ragionevolezza e di  buon  andamento  dell'amministrazione,  violando
cosi' anche gli articoli 3 e 97 Cost. 
    Al riguardo, si evidenzia che la  giurisprudenza  amministrativa,
richiamata anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 217 del
2020,  ha  statuito  la  necessita'   di   assoggettare   a   stretta
interpretazione  le  disposizioni  sul  «piano  casa»   (per   tutti,
Tribunale amministrativo regionale della Campania, sentenza 3  agosto
2020, n. 3474, e Consiglio di  Stato,  sezione  quarta,  sentenza  30
ottobre  2017,  n.  4992,  riguardanti  specificamente  i  limiti  di
densita' edilizia di cui all'art. 7 del decreto ministeriale n.  1444
del 1968). 
    Cio' significa che la normativa regionale  che  apporti  continue
modifiche in senso ampliativo alla portata delle disposizioni statali
sul piano casa, fino ad arrivare ad un regime derogatorio sempre piu'
ampio e stabile nel tempo, si pone in contrasto anche con i  principi
costituzionali   di    ragionevolezza    e    di    buon    andamento
dell'amministrazione. 
    Si ravvisa inoltre un ulteriore profilo di  irragionevolezza  con
riferimento al principio di intangibilita' del  piano  paesaggistico,
al quale la normativa regionale consente invece di derogare. 
    Appare infatti contradditorio, e  quindi  irragionevole,  che  la
Regione da una parte approvi  il  piano  paesaggistico  e  dall'altra
reiteri ed estenda la portata di disposizioni eccezionali derogatorie
al piano stesso, al di fuori della necessaria cornice  pianificatoria
inderogabile e cogente per gli strumenti urbanistici. 
    In questo senso  l'approvazione  del  Piano  paesaggistico  segna
necessariamente il naturale  esaurimento  delle  normative  regionali
applicative del c.d. piano casa, con riguardo a  tutto  il  paesaggio
regionale, sia esso  vincolato  o  meno.  Le  finalita'  di  rilancio
dell'economia  mediante  il  sostegno  all'attivita'  edilizia  e  al
miglioramento della qualita' architettonica, energetica e  ambientale
del patrimonio edilizio esistente dovrebbero trovare adeguato  spazio
all'interno del Piano paesaggistico, anche, se del caso, in  sede  di
revisione o aggiornamento del Piano stesso. 
    Piu' in generale, la previsione a regime di interventi di impatto
molto  rilevante  sul  territorio   realizzabili   in   deroga   alla
pianificazione urbanistica e al  piano  paesaggistico  e  al  decreto
ministeriale  n.  1444  del  1968  determina  esiti  irragionevoli  e
contrari al  buon  andamento  dell'amministrazione,  con  conseguente
violazione degli articoli 3 e 97 Cost. 
    Si ritiene, pertanto, che l'art. 15 della legge regionale  n.  35
del 2020, che modifica gli articoli 5 e 7 della  legge  regionale  30
luglio 2009,  n.  14,  sia  affetto  dai  profili  di  illegittimita'
costituzionale illustrati. 
    Anche l'art. 27 della legge regionale Puglia n. 35 del  2020  che
istituisce un'ulteriore centrale del 118 nel territorio di competenza
della ASL BT presenta profili di illegittimita' costituzionale. 
    A tale riguardo si richiama il criterio demografico  puntualmente
indicato dal decreto ministeriale  2  aprile  2015,  n.  70,  recante
«Regolamento  recante   definizione   degli   standard   qualitativi,
strutturali,  tecnologici  e  quantitativi  relativi   all'assistenza
ospedaliera», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 127 del 4 giugno
2015. 
    In particolare, al punto 9.1 Centrali Operative (CO) 118  e  rete
territoriale di soccorso - 9.1.1 Centrale  operativa,  l'allegato  al
predetto DM precisa che «sulla base dell'esperienza  organizzativa  e
gestionale maturata,  con  importanti  contributi  di  modernita'  ed
efficienza, si ritiene percorribile una revisione  organizzativa  che
preveda  una  centrale  operativa  con  un  bacino   di   riferimento
orientativamente non inferiore a 0,6 milioni ed oltre di  abitanti  o
almeno una per regione/provincia autonoma». In  aggiunta,  si  rileva
che l'idea di dotare ciascuna azienda sanitaria di una  centrale  non
e' funzionale alla  logica  di  miglioramento  della  gestione  delle
attivita' di emergenza. E', infatti, fuori di  dubbio  che  un  minor
numero di centrali favorisce l'accesso e  il  ricovero  dei  pazienti
gravi  presso  le  strutture  maggiormente  idonee  e  che  hanno  la
disponibilita' di ricovero, riducendo  potenziali  e  pregiudizievoli
dispendi di tempi nella presa in carico del paziente. 
    Inoltre, si precisa che l'adozione del decreto ministeriale n. 70
del 2015, in attuazione  dell'art.  1,  comma  169,  della  legge  30
dicembre 2004 n. 311, discende dall'esigenza di garantire la  «tutela
della salute», di cui all'art. 32 della Costituzione,  attraverso  la
definizione, in modo  uniforme  per  l'intero  territorio  nazionale,
degli standard non solo  qualitativi,  strutturali,  tecnologici,  ma
anche quantitativi delle strutture sanitarie dedicate  all'assistenza
ospedaliera. In aggiunta, considerato che,  ai  sensi  dell'art.  27,
comma 3 della legge regionale, «Gli oneri finanziari  sono  a  carico
del fondo sanitario regionale», si ribadisce che la  disposizione  in
esame  e'  altresi'  suscettibile  di  incidere  sulle  esigenze   di
equilibrio della finanza  pubblica  (articoli  117,  comma  3,  e  81
Cost.),  che  impongono  il  contenimento  dei  costi  del   servizio
sanitario. 
    Per le esposte considerazioni  l'art.  27  della  indicata  legge
regionale contrasta con la normativa interposta  richiamata  e  viola
conseguentemente  gli  articoli  117,  terzo  comma,   e   81   della
Costituzione. 
    Per i motivi suesposti, si ritiene di sollevare la  questione  di
legittimita' costituzionale della legge della Regione  Puglia  n.  35
del 30 dicembre 2020 recante: «Disposizioni  per  la  formazione  del
bilancio di previsione 2021 e bilancio  pluriennale  2021-2023  della
Regione Puglia - legge di stabilita' regionale  2021»,  relativamente
alle disposizioni contenute nell'art. 15 e 27.